L’art.12 del Regolamento IVASS n.45 del 4.8.2020 prevede che il distributore di prodotti di assicurazione danni, analogamente a quanto deve fare l’Intermediario finanziario o il distributore di prodotti di investimento assicurativi, una volta ricevuta dall’Impresa assicurativa la documentazione contrattuale e precontrattuale relativa al prodotto da distribuire, corredata dal “documento di approvazione del prodotto” ai fini della POG, sia tenuto:

a)      ad individuare un mercato di riferimento (positivo) “effettivo” ed un mercato di riferimento negativo “effettivo”;

b)      a comunicare all’impresa tali elementi prima dell’inizio della distribuzione; 

Nello stesso articolo si spiega anche che il mercato di riferimento effettivo, positivo e negativo, sono “specificazioni del mercato di riferimento ed una estensione del mercato di riferimento negativo individuati dal produttore”.

Si prevede anche che, qualora, all’esito delle verifiche per identificare il mercato di riferimento positivo e negativo effettivi, il distributore ritenga che essi coincidano con il mercato di riferimento positivo e negativo individuati dall’Impresa, egli può aderire a quest’ultimo e non comunicare un proprio mercato di riferimento diverso da quello suggerito dall’impresa.

In via generale non si può non rilevare che la prospettiva da cui muove IVASS nella creazione delle suddette regole in tema di target market effettivo non appare affatto allineata ai principi da cui è partito il Legislatore comunitario della IDD (vedi art.25 di tale direttiva) e del Regolamento delegato n.2358/2017 (v. art.5), e prima ancora l’EIOPA quando, nel rendere il proprio noto Technical Advice del 1.2.2017(v. pagg.17 e 27), ha avuto modo di precisare che cosa dovesse intendersi per Target market, chi fosse il soggetto deputato ad individuarlo e quale fosse il ruolo del distributore ai fini di assicurare il corretto collocamento dei prodotti ai clienti che rientrassero in tale target.

In virtù di tali principi si può dire che la determinazione del target market (o mercato di riferimento) corrisponde alla individuazione di una determinata tipologia di clienti per i quali il prodotto progettato dall’Impresa assicurativa risulti compatibile, tipologia che viene ricavata, con un sufficiente livello di granularità, tenendo conto delle esigenze e le richieste assicurative di costoro (valutate a livello generale ed astratto – così il Technical Advice, pag.17) che il prodotto assicurativo si prefigge di coprire, in tutto o in parte. 

L’altro dato incontrovertibile è che, come previsto dall’art.5 del citato Regolamento delegato UE n.2358/2017, l’individuazione di tale target market e la ingegnerizzazione del prodotto assicurativo, sono compito del produttore (Impresa assicurativa), salvo nei casi in cui il distributore assuma il ruolo di manufacturer de facto.

Per contro, il distributore che non realizza prodotti assicurativi non è tenuto ad individuare un target market diverso o più specifico rispetto a quello individuato dall’Impresa, ma ha il compito di collocare il prodotto esattamente ai soggetti che possono rientrare nel target market individuato da quest’ultima, oltre che di fornire un prodotto in concreto adeguato al singolo cliente.

IVASS, inoltre, si cura di spiegare che il target market (positivo) effettivo e quello negativo effettivo, costituiscono delle specificazioni del target market e del target market negativo identificati dall’Impresa.

Senonochè, ricordato che, in base ai principi e alle disposizioni sopra richiamate (di rango sovraordinato alla normativa secondaria italiana) spetta alle Imprese di identificare un target market sufficientemente “granularizzato”, non si comprende la ragione, oltre che la base giuridica, in forza delle quali il distributore venga obbligato a svolgere una specificazione del target market (positivo e negativo) per poi comunicarlo all’Impresa.

Un simile adempimento, oltre ad apparire ultroneo e poco compatibile con il ruolo del distributore - del che si è appena detto - si rivela altresì impraticabile. 

Ci si deve infatti chiedere quale sia il senso di far individuare ad ogni distributore un proprio target market effettivo, da comunicare all’Impresa, quando è materialmente impossibile che, poi, l’Impresa provveda a modificare il prodotto, o il documento di approvazione che lo accompagna, per adeguarlo al target identificato dal distributore e solo dopo quest’ultimo possa iniziare la distribuzione.

In tutta onestà, credo che l’imposizione in capo al distributore degli adempimenti sopra descritti in tema di individuazione del target market effettivo costituisca una disposizione disfunzionale e priva di una idonea base giuridica. Essa, in realtà sembra essere il frutto di un errore di impostazione (uno dei tanti conseguenti alla c.d. mifidizzazione della distribuzione dei prodotti danni) che merita di essere al più presto rettificato mediante una motivata segnalazione all’Istituto di Vigilanza.

In attesa di tali provvedimenti, nell’immediato, si può solo consigliare agli operatori di aderire al mercato di riferimento positivo e negativo individuati dall’impresa.

Resta poi da capire se, anche in questo caso, sussista l’obbligo di comunicare all’impresa quale sia la scelta fatta. Dall’analisi del tenore letterale della norma sembrerebbe che una tale obbligo sussista, ancorchè non se ne capisca il senso. In ogni caso, dato il minimo aggravio burocratico di tale incombente, si potrà inviare una semplice segnalazione di adesione al target indicato dall’impresa.

Un ulteriore problematica sorge nei casi (molto frequenti) in cui l’Impresa NON individua un mercato di riferimento sufficientemente granularizzato o con le caratteristiche minime stabilite dal neo emanato Regolamento n.45.

A questo proposito si rivela sempre valido il consiglio di procedere, in via anticipata, ad una ‘clusterizzazione’ delle varie tipologie di clientela dell’intermediario e dei prodotti che sono più idonei a soddisfare i bisogni di tali categorie di clienti.

Ciò, peraltro, non solo permette di migliorare la qualità professionale dell’attività di collocamento prevenendo possibili problemi di vendite di prodotti inadeguati, ma anche di rispettare al meglio e più speditamente i nuovi obblighi di compliance. 

Va infine segnalato che, ai sensi del comma 10 dell’art.12 in commento, nel caso di collaborazioni orizzontali, l’individuazione del target market effettivo vada fatta da parte di tutti gli intermediari che collaborano tra di loro nella filiera distributiva.

Anche questa è una stravaganza che si auspica venga rettificata. Ed invero, anche nella collaborazione orizzontale il proponente dovrà semmai seguire il target market effettivo individuato dall’emittente su un certo tipo di prodotto che viene collocato da quest’ultimo.  Non si vede l’utilità di far fare una disamina ad entrambi tali soggetti, mirata alla individuazione del target market effettivo di ciascuno. Senza considerare, inoltre, che il Proponente non ha contatto diretto con l’Impresa produttrice e quindi non è in grado di comunicare ad essa il proprio target effettivo prima che inizi la distribuzione.

 

Avv. Carlo F. Galantini