Il rapporto tra un padre titolare di una società di brokeraggio
e il figlio che vuole entrare nell’azienda di famiglia. Una lettura da consigliarsi a chi vuol
dare le necessarie informazioni a elementi nuovi da inserire nella propria struttura e a
chi ritiene utile ricordare i passi essenziali dell’attività.
Giacomo incrociò il padre in corridoio e lo salutò con un sorriso.
“Hai qualche momento da dedicarmi?”
“Volentieri naturalmente. Hai già deciso da dove incominciare i tuoi giri di approfondimento?”
“Se ho ben capito ciò che mi hai detto, la corretta interazione con un’azienda potenziale
nuovo cliente è un momento determinante nella nostra
attività ed è il presupposto di ogni nostra iniziativa o modalità di intervento….”
“Assolutamente vero ed è proprio in questo contesto che si sviluppano quegli aspetti
professionali indispensabili che ti ho già più volte accennati.”
“Aspetti professionali che mi pare tu abbia detto non possono prescindere da un approccio
di Risk Management: puoi farmi capire
meglio in che cosa questo Risk Management effettivamente consista?”
“La nascita del Risk Management, nella sua accezione dottrinaria e professionale,
viene normalmente collocata negli Stati Uniti nel corso degli anni cinquanta dello scorso secolo.
Gran parte delle attività di Risk Management hanno tecnicamente origine dalla tradizionale gestione
dei rapporti assicurativi (quindi dei rischi assicurabili).
Dalla metà degli anni settanta vengono implementate le attività di “risk analysis”, “loss control”
e “loss financing” che contribuiscono a svincolare l’attività di Risk Management dal semplice ambito assicurativo.
Con questa evoluzione la funzione di Risk Management raggiunge una grande autonomia e le decisioni di
copertura assicurativa sono sempre più integrate con le attività di prevenzione e sicurezza.
Tutto questo sviluppo è caratterizzato dalla gestione dei rischi puri.
E credo che conoscere il concetto di rischi speculativi e rischi puri sia comunque utile,
per un po’ di cultura, anche se con la c minuscola.”
“Pronto a seguirti..”
“ I rischi speculativi sono affrontati deliberatamente da chi li corre con la speranza di un
guadagno controbilanciata dalla eventualità di una perdita; in generale dipendono dall’alto management
aziendale e non sono assicurabili (salvo rare eccezioni).
I rischi puri sono caratterizzati esclusivamente dalla eventualità di una perdita (o al massimo di un
“pareggio” se si è bene assicurati o si identifica un terzo responsabile); in generale dipendono dalla
funzione di Risk Management e sono quasi tutti assicurabili.”
“Puoi per favore esemplificare…”
Proviamo. Per un privato rischi speculativi possono essere investire in borsa o
cambiare posto di lavoro, mentre esempi di rischi puri sono lo scoppio dello scaldabagno
o un incidente stradale. Analogamente per un’azienda sono rischi speculativi investire
nell’innovazione o operare in un nuovo mercato instabile; possono essere invece rischi
puri l’incendio dello stabilimento o il danno causato da un prodotto difettoso.
Tutto chiaro fin qui?
““Direi di sì. Prosegui….”
“Quella di Risk Management è una funzione aziendale estremamente complessa e articolata tra specializzazione
e interdisciplinarità, ma nel panorama italiano una dimensione mediamente ridotta delle imprese e una scarsa
cultura aziendale hanno fatto sì che questa essenziale funzione di equilibrio economico trovi una scarsa
rilevanza nel contesto aziendale.
La staticità del mercato ha inoltre indotto a ricercare la crescita del profitto tramite
una spesso dissennata riduzione dei costi che sta avendo come risultato:
-
una significativa riduzione degli investimenti in termini di prevenzione e protezione;
-
la terziarizzazione di molti processi, con conseguente perdita di controllo efficace sul prodotto
finito ed una economicità controbilanciata dal fatto che l’interruzione dei processi concatenati
in un qualsiasi punto può generare interruzioni fortemente penalizzanti (con l’aggravante che
il controllo sui terzi non può essere così efficace come lo sarebbe in “casa”).
Ed è in questi ambiti quindi che l’intervento consulenziale del broker può rivelarsi determinante.”
“Ma potresti, seppur a mero titolo esemplificativo, farmi capire quali sono
le principali analisi di Risk Management e come si svolgono?”
“Una premessa. Se ragioniamo a livello ottimale, le analisi non dovrebbero
limitarsi all’azienda in quanto tale, ma osservarla inserita nel suo quadro
di riferimento per tener conto, oltre che del segmento di utenza cui si
rivolge (generico, specializzato, ampio, contenuto, stabile,
in via di sviluppo, in fase di contrazione, ecc.), anche p.e.:
- del numero dei competitors e del livello della concorrenza;
- delle aspettative del settore nel medio periodo;
- della dipendenza da mercati volatili e condizioni di approvvigionamento;
- delle caratteristiche della domanda (fluttuante, costante o periodica) e l’attuale fase di
mercato (stagnante, vivace, in recessione, ecc.);
- dell’assoggettamento a normative o leggi particolari;
- e di tutte quelle peculiarità dell’ambiente/mercato che possono influenzare le scelte strategiche.
A questo punto, in aiuto al buon senso, è bene che il Risk Management segua una metodologia consolidata
che sia di supporto in sede di analisi dei rischi e di progettazione della “sicurezza” non tralasciando
l’aspetto economico / finanziario.”
“In linea di massima, come si articola questa metodologia?”
“Il discorso sarebbe estremamente lungo e sull’argomento sono stati scritti moltissimi libri
ed esiste una specifica associazione - l’ANRA – che riunisce i Risk Manager e i Responsabili di
Assicurazioni Aziendali (dai un’occhiata al sito ANRA.IT, troverai molte cose interessanti).
Esistono standard operativi più o meno sofisticati in relazione alle tipologie di risultati che
si vogliono ottenere, ma il metodo di base può essenzialmente ricondursi agli aspetti di
IDENTIFICAZIONE, QUANTIFICAZIONE, CONTROLLO E FINANZIAMENTO.”
“Me li puoi spiegare singolarmente?”
“Proviamo a fare un’estrema sintesi.
L’IDENTIFICAZIONE
Il primo passo per arrivare alla gestione dei rischi è ovviamente quello di identificarli: quali rischi corre l’azienda?
Il processo è alquanto lungo e articolato e richiede appunto la formulazione di una metodologia di identificazione tramite analisi dei documenti contabili ed extracontabili, interviste ed ispezioni
L’intero processo deve essere altamente critico nei confronti di tutte le realtà aziendali e
ciò può anche comportare concrete possibilità di scontro con le varie funzioni dell’impresa.
LA QUANTIFICAZIONE
Le informazioni raccolte nella fase di identificazione dei rischi, di per sé non sono sufficienti per impostare la
gestione degli stessi in termini economici. L’altra domanda che è necessario porsi è: quanto possono costare i
rischi che corre l’azienda?
È questa sicuramente la fase più complessa e articolata dell’analisi preliminare all’impostazione di una
corretta gestione dei rischi.
Gli elementi da considerare per la misurazione del rischio sono, con riferimento a ciascuna unità
considerata nel periodo di tempo esaminato, essenzialmente tre:
- la frequenza, ovvero il numero dei sinistri che potrebbero essere ragionevolmente subiti a causa del rischio in esame;
- la magnitudine, ovvero l’entità dei danni che ciascun sinistro potrebbe ragionevolmente generare a causa
del rischio in esame;
- la gravità, ovvero l’entità complessiva dei danni che tutti i sinistri potrebbero ragionevolmente generare,
a causa del rischio in esame.
Le combinazioni dei fattori di frequenza, magnitudine e gravità generano un quadro complessivo dello stato di
“salute” dei rischi in azienda.
Nell’affrontare l’analisi sui sinistri del periodo considerato, e poterne poi proiettare l’immagine sull’oggi
e sul domani, è necessaria una attualizzazione dei dati che tenga quantomeno conto:
- del costo attuale di ciascun sinistro (e non di quello storico);
- dei metodi di lavoro, origine di sinistri, che non vengono più utilizzati;
- dei metodi di lavoro recenti, che non possiedono una loro storia;
- dell’evolversi delle situazioni di mercato;
- del permanere o meno di interdipendenze;
- dell’invecchiamento dei macchinari e degli impianti.
IL CONTROLLO
Una volta conosciute e quantificate le minacce che possono attentare alla stabilità economica dell’Azienda,
è necessario verificarne l’eliminabilità o la possibilità di ridurne l’impatto, tanto in termini di frequenza
quanto in termini di magnitudine.
Questa operazione, apparentemente demandata al semplice uso della logica e del buon senso,
in realtà deve fare i conti con rigorosi principi di economicità: gli accorgimenti per eliminare
o ridurre questa minaccia, costano più o meno del verificarsi del danno temuto?
Nella protezione delle cose, questo filo conduttore è ampiamente giustificabile ma nella tutela
delle persone il ragionamento è ovviamente più complesso per il prevalere degli aspetti morali e sociali.
Preliminarmente ad ogni altra attività, è quindi essenziale, sempre nell’ottica dell’economicità, procedere nei
confronti dei rischi identificati e quantificati valutando l’opportunità della loro eliminazione o riduzione.
Il primo scalino è sicuramente quello di eliminare o sostituire le fonti di possibili danni, ma questo aspetto
è il più difficile da perseguire, anche perché la sostituzione di una procedura o di una macchina può si eliminare
il rischio temuto, ma avere controindicazioni commerciali o anche generarne di differenti e non conosciuti.
L’efficacia di questo tipo di intervento passa sempre attraverso scelte di carattere traumatico e assoluto.
È maggiormente possibile intervenire con la riduzione, a volte anche con semplicissimi interventi di basso
costo, a volte con interventi strutturali che possono prevedere costi molto importanti, per i quali è necessario
predisporre piani di investimento spalmati su più esercizi finanziari.
Le tecniche di intervento ascrivibili a questa fase del controllo dei rischi puri sono essenzialmente
riconducibili a due diverse tipologie:
- prevenzione, allo scopo di ridurre la probabilità che si verifichi un evento dannoso, con ciò intervenendo
direttamente sulla frequenza;
- protezione, allo scopo di contenere i danni conseguenti al verificarsi di un evento dannoso, agendo quindi su
un contenimento della magnitudine.
Gli strumenti atti a prevenire e proteggere sono innumerevoli, ma hanno scarsa efficacia se non vengono
accuratamente e costantemente manutenuti e monitorati e, soprattutto, se non si veglia sulla loro puntuale
e costante applicazione. È in questo contesto che devono intervenire tecniche psicologiche e procedurali.”
“Tutto ciò premesso….”
“Sempre restando nel campo di quei rischi puri di cui abbiamo parlato, è inevitabile che
tutto il lavoro svolto lasci comunque a carico dell’azienda taluni rischi ineliminabili
(o eliminabili a costi troppo elevati) e comunque quella parte di essi per i quali si è
riusciti solo a contenerne gli effetti (riduzione).
A questo punto la funzione di Risk Management non può che ricorrere a tecniche di finanziamento dei rischi,
tecniche che vengono solitamente classificate in funzione del soggetto economico su cui vertono le conseguenze
economico-finanziarie dei sinistri:
- forme di ritenzione, aventi per oggetto l’accollo programmato preventivamente di tutti o
parte dei danni dovuti a determinati rischi e realizzabili attraverso accantonamenti contabili di fondi,
apertura di linee di credito contingenti, processi interni di autoassicurazione, creazione di compagnie captive, ecc..
- forme di trasferimento, aventi l’obiettivo di minimizzare le conseguenze di eventuali sinistri sull’equilibrio
economico-finanziario dell’azienda e realizzabili attraverso accordi contrattuali o tramite l’acquisto
di coperture assicurative.
Il trasferimento tramite accordi contrattuali passa attraverso due diverse azioni che spesso
entrano in conflitto con le azioni commerciali dell’azienda:
- minor accollo possibile di responsabilità non dovute per legge;
- maggiore scarico possibile di responsabilità nei confronti di fornitori, subappaltatori e altri
soggetti coinvolti nell’adempimento del contratto.
Ma la scelta finale non può che comportare il trasferimento del rischio tramite l’acquisto di coperture assicurative.”
“Ed è qui che la nostra attività di consulenza viene affiancata da quella di intermediazione..”
“Giusto: In effetti oggi è necessario porsi ben oltre l’intermediazione pura e semplice per invadere un campo più
complesso e articolato.
Risk Analysis & Loss Prevention acquistano una doppia valenza: da un lato forniscono la base delle
azioni necessarie al Risk Management per l’identificazione e la valutazione dei rischi e, dall’altro,
costituiscono uno strumento essenziale agli effetti del collocamento del rischio sul mercato degli Assicuratori.
“Ancora una volta la professionalità si evidenzia come elemento indispensabile per poter svolgere
la nostra attività in maniera sicura e redditiva.
Proverò a verificare l’impatto pratico delle tue parole.”
“Concluderò la chiacchierata citando Einstein
Non insegno mai nulla ai miei allievi. Cerco solo di metterli in condizione di poter imparare
Alla prossima.”
Mario Ferrari ACB