Secondo il nuovo report di Allianz Global Corporate & Specialty, la crescente interconnettività della supply chain a livello globale, provoca rischi e perdite per interruzione delle attività (Business Interruption, BI). Se nel mondo l’errore umano o il guasto tecnico sono le principali cause, l’Italia è l’unico Paese in cui prevalgono gli eventi naturali, e in particolare i terremoti. A livello globale, le richieste medie di indennizzo assicurativo per BI attualmente superano i 2 milioni di Euro (In Italia l’importo è di quasi 227mila Euro). Le richeste più alte provengono dal ramo energy (3,96 milioni) e Property (2,21 milioni). Sono in aumento le cause immateriali delle interruzioni delle attività, come attacchi informatici, scioperi o pandemie

Secondo il nuovo rapporto “Global Claims Review 2015” di Allianz Global Corporate & Specialty (AGCS), le richieste medie di indennizzo da interruzione delle attività (Business Interruption, BI) a seguito di danni materiali, superano attualmente superano i 2 milioni di Euro, ovvero il 36% in più rispetto ai corrispondenti indennizzi per danni materiali (circa 1,6 milioni). In Italia la media è di quasi 227 mila Euro.

“Fabbriche danneggiate per il cedimento delle strutture, container distrutti o terremoti: ogni qualvolta si verificano catastrofi naturali o disastri provocati dall’uomo, per le aziende il danno è spesso enorme – sottolinea AGCS, società del Gruppo Allianz specializzata nei rischi corporate –. Tuttavia, le conseguenze economiche spesso sottovalutate derivanti dall’interruzione delle attività sono frequentemente superiori al costo del danno fisico reale, ed esiste un rischio crescente per quelle aziende che operano in un mondo sempre più interconnesso”.

A livello globale, tra le 10 cause principali – che rappresentano il 90% degli indennizzi BI per valore economico totale – si segnalano gli incendi ed esplosioni (da cui derivano il 59% degli indennizzi), a cui seguono gli uragani, i guasti ai macchinari, i difetti di costruzione/materiale/produzione, gli scioperi/sommosse/atti vandalici, la malattia o l’incidente di un membro del cast, le inondazioni, i cedimenti, gli errori umani/operativi e l’interruzione energetica. La prima causa di richieste di indennizzo in Italia è invece rappresentata dai terremoti (60% del valore).

Nel suo nuovo rapporto, AGCS ha preso in esame più di 1.800 grandi richieste di indennizzo BI in 68 Paesi dal 2010 al 2014, per un totale di 3 miliardi di Euro. Attualmente l’interruzione delle attività rappresenta una percentuale molto superiore nelle perdite totali rispetto a quanto avveniva 10 anni fa. Stanno infatti aumentando sia la gravità che la frequenza degli indennizzi BI, che sono provocati principalmente da errore umano o da incidente tecnico.

“Questa crescita negli indennizzi per BI è dovuta ad una maggiore interdipendenza tra aziende, la supply chain globale e i processi di produzione – spiega Chris Fischer Hirs, CEO di AGCS –. Mentre nel passato un grande incendio o un’esplosione avrebbero colpito una o due aziende, oggi le perdite coinvolgono un numero maggiore di imprese e possono minacciare settori interi a livello globale”.

Come rileva la società del gruppo Allianz specializzata nei rischi corporate, esiste una sempre maggiore concentrazione di siti produttivi e hub logistici in alcune aree geografiche (in particolare l’Asia). Se questi siti sono colpiti da catastrofi naturali, o da incendi o esplosioni – come è avvenuto di recente al porto di Tientsin in Cina – gli effetti negativi possono moltiplicarsi rapidamente, provocando perdite per interruzioni di attività (Contingent Business Interruption, CBI) in tutto il mondo: in questi casi un’azienda è impossibilitata ad operare a causa di un evento che ha danneggiato uno dei suoi fornitori.

“L’esposizione a BI è maggiore per quei settori con elevati livelli di interconnettività e tecnologici e con una concentrazione dei rischi in siti singoli come i settori dell’automobile, dei semi-conduttori, energetici e petrolchimici – afferma Alexander Mack, Chief Claims Officer di AGCS –. Se le moderne supply chain sono flessibili ed economicamente efficienti, sono anche più vulnerabili ai danni. La copertura per CBI viene sempre di più vista da molte aziende come una parte essenziale dell’odierna polizza assicurativa”.

A seguito del terremoto di Tohoku del 2010 e delle inondazioni in Thailandia del 2011 – che hanno prodotto un grande numero di perdite per BI e CBI a livello globale – le aziende si sono impegnate per ridurre i rischi che coinvolgono la supply chain. “Notiamo che molte aziende nel mondo – dichiara Michael Bruch, Emerging Risks Specialist di AGCS – stanno rapidamente sviluppando consapevolezza riguardo ai rischi per BI e supply chain, ma ci sono ancora margini per ulteriori miglioramenti”.

Le interdipendenze tra fornitori – evidenzia AGCS – possono essere un grande rischio e molte aziende sono ancora dipendenti da fornitori chiave. La pianificazione della continuità operativa “deve fare non solo parte del programma di gestione dei rischi della supply chain di un’azienda, ma dovrebbe essere estesa a tutti i suoi fornitori importanti”.

Secondo l’analisi di AGCS, a livello globale la maggior parte delle richieste di indennizzo per interruzione delle attività è provocata da fattori tecnici o umani (88% delle perdite BI) e non da catastrofi naturali. La top ten delle cause di BI rappresenta oltre il 90% di tali indennizzi per valore, e incendi ed esplosioni sono la causa principale delle interruzioni di attività poiché rappresentano il 59% di tutti gli indennizzi assicurativi nel mondo. Ciascun incidente dovuto a incendio o esplosione analizzato causa una media di 1,7 milioni di Euro di costi per BI.

L’Italia è invece l’unico Paese in cui le richieste di indennizzo per interruzione delle attività derivano prevalentemente da eventi naturali, dato che il 60% è generato dai terremoti. Seguono la malattia o gli incidenti ad un membro del cast (22%) e l’interruzione energetica (8%). In Italia, come anticipato in apertura, la media di richiesta di indennizzo assicurativo è di quasi 227mila Euro.

Le perdite per BI – a livello di comparto – sono le più alte per valore negli indennizzi pagati derivanti da attività assicurative nei settori petrolchimico (3,96 milioni di Euro) e property (2,21 milioni), seguiti da engineering (0,9 milioni) e spettacolo (0,3 milioni). Il costo dei grandi indennizzi è aumentato, e la interruzione delle attività adesso ne rappresenta una quota sempre più importante: le esposizioni sono aumentate a causa di più grandi impianti on shore e delle crescenti interdipendenze tra compagnie, provocando indennizzi elevati per CBI in caso di danni ad una struttura, poichè incide direttamente sull’attività di altre imprese che si trovano così impossibilitate ad operare. Al tempo stesso, segnala AGCS, la richiesta è aumentata poiché nuovi acquirenti, in particolare dalla Russia, stanno acquistando coperture BI per la prima volta, mentre gli acquirenti esistenti in USA ed Europa cercano limiti assicurativi più elevati.

Nel settore dello spettacolo, la causa prevalente di interruzione è una malattia o incidente ad un membro del cast: infortuni ad un attore principale possono ritardare la produzione, causando indennizzi di molti milioni di dollari. Questa cosiddetta “cast loss” è responsabile del 60% delle richieste di indennizzi ricevute. La proliferazione di costosi effetti speciali nella produzione dei film – che spesso richiede impegni contrattuali con consulenti esterni – può provocare richieste di indennizzo più elevate a causa di ritardi nella produzione.

BI e CBI sono elementi significativi dell’aumento di gravità di grandissime perdite materiali. In futuro, evidenzia ancora AGCS, anche le cause di interruzione delle attività per danni immateriali potranno diventare rilevanti. Pericoli come attacchi informatici, violenza politica, scioperi, pandemie o black-out elettrici “potrebbero provocare grandi perdite per le aziende anche in caso di assenza di danni materiali. Altri eventi che coinvolgono danni immateriali includono le azioni intraprese alle autorità militari o civili come la limitazione degli accessi o la chiusura degli spazi aerei”.

Ad esempio, conclude la società del Gruppo Allianz specializzata nei rischi corporate, un certo numero di perdite a seguito dell’esplosione di Tientsin sono dovute all’interruzione del flusso di merci e di produzione poiché il porto era stato chiuso dalle autorità. Perdite di questo genere “sarebbero coperte solo da polizze per danni immateriali che solo poche aziende hanno acquistato fino ad ora, ma alle quali sempre più imprese si stanno interessando”.

Fonte: Intermedia Channel_ Il Quotidiano Assicurativo Online_ Today News 09.12.2015