di Vito De Ceglia – Repubblica Affari & Finanza

Le conseguenze del ‘Leave’ si avvertiranno a medio termine. In cima ai timori ci sono la rivoluzione nell’apparato normativo sincolato dall’UE e la paura di non poter stipulare polizze fuori dal Regno Unito. Ma si prospettano anche opportunità

Il report del World Economic Forum non ne parla. Ma quello del Brexit è probabilmente uno dei rischi con cui il mondo assicurativo e quello imprenditoriale, italiano ed europeo, prima o poi dovranno fare i conti. Sono passati poco più dì 3 mesi dal referendum che ha sancito lo scorso 23 giugno l’uscita del Regno Unito dall’Ue, e le conseguenze immediate paventate prima del voto da molti economisti e osservatori internazionali non ci sono state. Per il momento, almeno.

Le analisi più recenti non confermano queste previsioni: i consumi in UK non sono scesi e il settore dei servizi — che rappresenta l’80% dell’economia britannica — nel mese di agosto tcresciuto come non era mai successo. La sterlina si è stabilizzata, l’indice FTSE 250, che raduna l’andamento delle aziende inglesi quotate in borse tra la 101esima e la 350esima posizione per importanza, è tornato ai valori precedenti al 23 giugno, e i sondaggi dicono che la maggioranza di chi ha votato per il “leave” non si è pentito.

Ma non è tutto oro quello che luccica, almeno sotto il profilo della gestione del rischio aziendale. Analizzando il problema dal punto di vista assicurativo, infatti, la preoccupazione della vittoria del “leave” persiste. Become. E giocoforza sarà oggetto di discussione al convegno annuale di Anra, anche a fronte della presa di posizione di Ferma, la federazione europea che riunisce le associazioni di risk management, sostenitrice fino dall’inizio del “remain”, la quale si è fatta portavoce dei timori degli operatori del settore.

Secondo il sentore comune, i riflessi negativi del Brexit si avranno nel medio termine, cioè quando si capiranno meglio i contenuti della negoziazione che sancirà il definitivo divorzio. E’ evidente, quindi, che sono molte le incognite che accompagnano il dopo voto. Fra quelle che destano maggiore preoccupazione c’è l’aspetto normativo. Fino ad oggi, gli assicuratori inglesi — fa notare Anra — hanno dovuto seguire le regolamentazioni imposte dall’Ue, fra cui Solvency II.

Ma come si muoveranno nei prossimi anni? Un altro punto oscuro, avverte l’associazione, è legato alla probabile revoca della possibilità, finora concessa ai professionisti inglesi in virtù del loro status europeo, di sottoscrivere polizze in un altro Stato membro senza la necessità di avere una succursale su quel territorio.

Ci sono in ballo anche le implicazioni sui programmi assicurativi globali. Infatti, le leggi sulla libera circolazione dei servizi in Europa permettono alle aziende, qualora una polizza offerta da un sottoscrittore locale sia non adeguata o troppo onerosa, di rivolgersi ad operatori di altri Paesi, anche per assicurare rischi locali. Se le barriere commerciali venissero ripristinate, è molto probabile che questa opzione non esisterà più.

Tuttavia, fa notare ancora Anra, la Brexit non deve essere vista solo come un rischio ma anche come un’opportunità per il settore assicurativo. Qualora si ponessero delle condizioni di facilitazione gestionale e burocratica, è l’auspicio dell’associazione, il regolatore italiano — l’Ivass (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni) — dovrebbe sfruttare l’occasione per adeguarsi agli standard dell’ente omologo UK, per esempio snellendo le procedure, così da attrarre investimenti del settore e sedi di servizi assicurativi in libera prestazione.

La preoccupazione per le conseguenze del “leave” è forte anche tra le imprese, molte delle quali nei mesi scorsi hanno strutturato dei piani di emergenza per affrontarne le conseguenze. Di fronte ai nuovi (e inediti) scenari che si stanno delineando, conclude Anra, risulta evidente che i risk manager giocheranno un ruolo strategico per supportare le proprie aziende nei prossimi due anni.

Fonte_IntermediaChannel_il QuotinianoAssicurativo_Today News_26.09.2016