(di Guglielmo Saporito – Quotidiano del Diritto)

Prime applicazioni delle norme in tema di responsabilità medica (Legge 24/2017) e rapporto con le compagnie di assicurazioni delle aziende sanitarie, nella sentenza della Corte dei Conti, sezione Emilia-Romagna, 11 maggio 2017 n. 100.

La pronuncia chiarisce cosa accade quando un medico del pronto soccorso causi un danno (il decesso del paziente per somministrazione di un farmaco senza verifica di allergie), e l’assicurazione dell’azienda sanitaria risarcisca il danneggiato concordando una transazione.

Se, dopo aver risarcito il danno, l’assicuratore agisce verso l’azienda sanitaria per il rimborso della quota di franchigia (cioè dell’importo non coperto dalla polizza), l’azienda sanitaria pagherà la franchigia all’assicuratore, ma subito dopo scatterà un’azione di responsabilità contabile. Con tale azione la Corte dei Conti chiede al sanitario pubblico dipendente il risarcimento del danno erariale pari all’importo della franchigia che l’azienda ha dovuto versare alla compagnia assicuratrice.

Il meccanismo applicato dalla Corte Conti bolognese coincide con quello previsto dal 1 aprile 2017 con l’entrata in vigore della Legge 24.

I giudici contabili pongono tuttavia alcuni punti fermi:

  • si risponde in Corte dei Conti entro cinque anni da quando l’azienda sanitaria ha subito una diminuzione patrimoniale, quindi anche a distanza rilevante dall’episodio medico;
  • Il giudizio di responsabilità contabile non consente all’operatore sanitario di chiamare in garanzia la propria assicurazione: la sentenza che accerti responsabilità, dispone il pagamento a favore dell’azienda sanitaria, ma non ha effetti diretti nei confronti di terzi, quali compagnie di assicurazione.
  • Una conferma della particolarità del giudizio contabile, che segue cronologicamente l’azione penale e quella civile, si trova nel (limitato) valore che la Corte dei Conti accorda all’eventuale consulenza disposta dal pubblico ministero penale.
  • Quando vi è un procedimento per ipotesi di reato (lesioni personali) commesso dal dipendente della struttura sanitaria per cattiva assistenza medica, il magistrato penale giudica sulla base di una consulenza, la quale tuttavia non può essere equiparata ad una consulenza di ufficio, perché si tratta comunque di una consulenza di parte disposta dal titolare dell’indagine penale (pubblico ministero) ad un esperto di sua fiducia ed elaborata in assenza di contraddittorio con la controparte.
  • Infine, nel giudizio di responsabilità amministrativa per il danno indiretto conseguente ai casi di malpractice, le condotte del medico difformi dalle linee guida di per sé non dimostrano l’esistenza dell’elemento soggettivo della colpa grave. Se il medico si discosta dalle linee guida, non vi è sicura ed automatica responsabilità: secondo i giudici contabili la responsabilità dell’ente pubblico va valutata senza un’acritica applicazione della colpa grave giudicata da altri magistrati (civili o penali).

La materia è in divenire, e registra un unico orientamento (Cass. 28187/2017), che coincide con quello della Corte dei Conti bolognese affermando che le linee guida che si pongono, in astratto, in contrasto con la condotta del medico, non sono di per sé sufficienti a dimostrare che la condotta del sanitario sia connotata da colpa grave.

Fonti: Quotidiano del Diritto ; Intermedia Channel_Il Quotidiano Assicurativo Online_Today News 16 giugno 2017